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Negli ultimi anni la critica ha sottoposto ad acute analisi la produzione foucaultiana degli anni '70 sulla biopolitica e sull'estetica dell'esistenza. Sostanzialmente poco esplorata risulta, invece, la produzione degli anni '60, nella quale Foucault affronta questioni di critica letteraria, ma soprattutto si cimenta in una ricostruzione archeologica delle pratiche del sapere. L'autrice prende in considerazione una serie di scritti sulla letteratura e sulla pittura che, avendo un carattere saggistico e d'occasione, superficialmente non sembrano avere una ricaduta sul lavoro archeologico. Ma, se letti in riferimento ai principali scritti di Foucault, in cui viene citata l'esemplarità dell'opera d'arte, allora emerge un quadro ben preciso: letteratura e pittura sembrano disegnare rispettivamente l'una la curva di movimento, l'altra il diagramma di stato di un'epoca storica archeologicamente determinata. Si profila, così, la possibilità di intendere la pittura e la letteratura come due pratiche che, ognuna nel suo specifico ruolo e attraverso la loro alternanza, il loro ritmo, ci restituiscono da un altro punto di vista - un'angolazione privilegiata - quel tipo di storia filosofica che Foucault ricostruisce adottando il noto sguardo archeologico.